Sempre un’incognita lavorare per un privato, sia in termine di stabilità e sia di retribuzione oraria. Calano vertiginosamente le retribuzioni nel settore privato. Una paga da fame per chi lavora con i privati. Dati alla mano, i compensi rispetto al passato calano: una falcidia che prende tutti i settori privati. Dati alla mano, e secondo l’ultimo dossier targato Istat, un dipendente prende una paga oraria di 11, 21 euro e dal 2016, scende sotto i dieci euro, con una disparità di genere tra uomini e donne. Per le donne 14,6% in meno e per gli uomini meno 21,5%.
Insomma una bel nodo che mette in luce un precariato nascosto e che prende di mira i meno tutelati: si sa che il settore privato è incerto è meno tutelato rispetto a chi a ha un lavoro da dipendente statale.

Le donne le più penalizzate

Sei donne su dieci vengono pagate di meno. Secondo l’Istat, le donne “la distribuzione delle retribuzioni orarie è orientata verso livelli retributivi bassi”. Due anni fa, nel 2016, il 59% delle lavoratici prende una paga oraria inferiore alla mediana nazionale, somma che scende al 44% per gli uomini, meno colpiti e forse più considerati.

Le Regioni

Le Regioni sotto la lente, sono in primis la Valle d’Aosta, (42,1% dei contratti maschili sotto la mediana e 60,1% di quelli femminili), Molise (43,3% dei rapporti maschili e 61,3% rispetto a quelli femminili) e in ultimo la Basilicata (43,7% contro 63%).Il Lazio mentre si distingue per equità: 46,8% dei maschi e 54,8% di quelli femminili.

Calo dell’occupazione

Intanto l’occupazione cala. Negli ultimi mesi del 2018, l’occupazione va giù in maniera pressoché preoccupante: meno 52 mila posti di lavoro rispetto trimestre precedente. A renderlo noto, sempre l’Istat, secondo cui il trend occupazionale rimane fermo al 58,7%.
“Sono dinamiche congiunturali del mercato del lavoro – commenta l’istituto – che riflettono il calo dei livelli di attività economica rilevato nello stesso periodo, con una flessione del Pil (-0,1%), dopo quattordici trimestri di espansione. Con riferimento all’input di lavoro, nonostante la flessione congiunturale del Pil, nel nostro Paese si rileva una crescita delle ore lavorate sia su base congiunturale (+0,5%) sia in termini tendenziali (+1,2%)”.

Insomma una fotografia in bianco e nero che rende incerta la stabilità e non certo il futuro che risulta sempre più labile e precario. Dalla disoccupazione salgono specialmente le transizioni verso l’inattività, che più spesso si riferiscono alla fascia dei 15-24 anni.

Ti è piaciuto l'articolo?
[Total: 1 Average: 5]